Tutti i film di Paolo Sorrentino dal “peggiore” al migliore [LISTA]

Il 31 Maggio 2020 Paolo Sorrentino festeggia 50 anni. Per celebrare il compleanno del regista più controverso del panorama cinematografico italiano, abbiamo deciso di ripercorrere la sua eccezionale carriera. Ecco la classifica dei suoi lavori, dall'esordio con L'uomo in più alla serie The New Pope.

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4. La grande bellezza (2013)

Paolo Sorrentino
Toni Servillo è Jep Gambardella

Ed eccoci al film più controverso nella carriera di Paolo Sorrentino: La grande bellezza. Il film incontrerà un incredibile successo internazionale, vincendo prima il Golden Globe, poi l’Oscar come Miglior film straniero, oltre a 4 European Film Award, 9 David di Donatello e svariati altri premi. Ma l’entusiasmo della critica estera non rispecchia necessariamente il giudizio di pubblico e critica italiani.

Anche in questo caso, non esistono mezze misure. Per i fan di Sorrentino, La grande bellezza rappresenta il punto più alto della sua cinematografia. Per i detrattori, si tratta invece di un lungo esercizio di stile, un affresco barocco, debordante, sorretto da una trama pretestuosa. Il nodo critico resta il riferimento a La dolce vita e al cinema di Federico Fellini. Se per qualcuno il regista ha saputo realizzare la sua versione post-moderna, per altri si tratta solo di un’opera estetizzante, che manca di profondità e spessore.

Protagonista assoluto è Jep Garbardella (Toni Servillo): autore di un solo romanzo, L’apparato umano. Nonostante non abbia mai più scritto un libro, Jep ha saputo imporsi come “il re dei mondani”, leader carismatico delle notti romane. Il film racconta così un sessantacinquenne indolente, annoiato, eppure provvisto di un sarcasmo sferzante, che si trascina da una festa a un’altra, circondato da una corte di pseudo-amici, adoranti e falsi.

Questo spettacolo di varia umanità comprende intellettuali e politici, imprenditori, spogliarelliste e scrittori falliti. Ma il centro del film è la bellezza struggente della città eterna. Sorrentino la ritrae con amore, ne rivela il volto segreto, varcando le porte dei più esclusivi salotti, i più stupefacenti palazzi nobiliari. Ma la grazia degli spazi si scontra con la decadenza degli esseri umani, e il risultato è un film irrimediabilmente amaro, disperante, che lascia solo il senso di un’umanità alla deriva.

3. Il divo (2008)

A cura di Luca Varriale

Paolo Sorrentino
Toni Servillo è Giulio Andreotti

Il Divo è un’opera che guarda contemporaneamente all’individuo e alla collettività, riuscendo a inquadrare perfettamente Giulio Andreotti sia come uomo che come statista. Non poteva essere altrimenti vista la complessità e i chiaroscuri che hanno caratterizzato il controverso politico italiano.

Sorrentino ci mostra l’intimità e il peso sociale, la Storia e l’uomo che la plasma. L’Italia e il suo uomo istituzionale più rappresentativo si mescolano per un viaggio attraverso un percorso che a distanza di anni ancora dobbiamo comprendere appieno. Il Divo è un film coraggioso, che a differenza di Loro, prende una posizione netta, chiara, granitica. Il regista dà per totalmente vere le piste oscure, che grazie ad una attenta ricostruzione storica degli ultimi decenni della vita politica di Belzebù, si mostrano come una verità incontrovertibile, che nonostante soffra ancora della copertura di veli di Maya che alcuni ostinano a porre, riesce ad emergere grazie ad una forza di volontà incrollabile, che spazza via le menzogne di un Paese fatto di segreti e non detti.

Ma il mistero più grande resta il cuore e l’animo di quest’uomo così criptico e indecifrabile, in cui Sorrentino tenta di entrare scardinando tabù e decifrando gesti e comportamenti. Grazie ad una prova superba di Toni Servillo, Andreotti viene spogliato della propria intoccabilità e restituito al pubblico per ciò che era: un padrone autoritario e moralmente discutibile.

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Il Divo, quindi, si rivela una delle opere politiche e sociologiche più importanti del cinema italiano, lavoro che abbandona le semplici vesti di prodotto artistico per ergersi a necessaria denuncia e insostituibile servizio pubblico, quest’ultimo inteso nella sua accezione più alta.

La superba riflessione sull’uomo e sul Paese viene poi valorizzata da una realizzazione artistica ispirata che mescola generi e virtuosismi. Non limitandosi ad essere solo scuola di cittadinanza e senso critico ma anche cattedra di arte cinematografica. Un film perfetto.

2. Le conseguenze dell’amore (2004)

A cura di Luca Varriale

le conseguenze dellamore
Toni Servillo ne Le conseguenze dell’amore

Le conseguenze dell’amore è la storia di un uomo che ad un certo punto si rende conto di essersi perso, di aver perduto irrimediabilmente la via.

Le conseguenze dell’amore è la storia di un uomo che vuole tornare indietro ed imboccare il sentiero giusto.

Titta Di Girolamo fa parte di quella galleria di personaggi che appartengono al primo periodo sorrentiniano. Un regista più materiale, concreto slegato dal pervasivo misticismo onirico che ha caratterizzato le sue opere più recenti. Titta è un uomo scolpito nel duro mondo in cui viviamo, topòs del criminale in giacca e cravatta, che, per un debito di Mafia, è costretto ad annullarsi completamente e vivere in un mondo che appare prefabbricato. Ma l’etica scalcia e la sofferenza egocentrica la aiutano ad emergere. Saranno poi i cosiddetti altri, con le loro storie e tormenti personali a strapparlo da un intorpidimento imposto e autoimposto (è un eroinomane occasionale).

Quand’è che è andato tutto a puttane sembra domandarsi questo personaggio fatto di segreti inconfessabili e voglioso di rinascita. Nonostante sia un film crudo e apparentemente pessimista, Le conseguenze dell’amore usa la nostalgia del tempo perduto, degli amori sfioriti (amicali e non) per donarci un racconto in cui un uomo si desta dal torpore della schiavitù per abbracciare gli ideali più alti della vita: speranza, sacrificio e altruismo. E per fare ciò ci vuole coraggio, molto coraggio. Vedrete quanto ce ne vuole.

Se L’uomo in più rappresenta un esordio folgorante, Le conseguenze dell’amore si presenta come una conferma tutt’altro che scontata. Film imprescindibile per capire l’anima e la poetica di Paolo Sorrentino.

1. L’uomo in più (2001)

Luomo in più

Pari merito con The New Pope, al numero 1 della filmografia di Paolo Sorrentino resta salda la sua opera prima: L’uomo in più. A distanza di quasi 20 anni, resta infatti una tra i più incredibili film d’esordio di tutta la storia del Cinema italiano. Un’opera che, in un panorama stagnante e grigio, era già la promessa di una nuova voce autoriale, l’espressione di un linguaggio cinematografico unico e irriducibile.

Fin dall’esordio, il cinema di Sorrentino rifiuta il concetto di genere, le coordinate della commedia o del dramma. Al loro posto c’è un magma vivo e vitale, tremendamente umano, e una spiccata predilezione per i perdenti, i reietti, che si dimenano ai margini della società, in cerca di un riscatto impossibile.

Già ne L’uomo in più c’è il tema del doppio. I protagonisti del film possiedono infatti lo stesso nome: Antonio Pisapia. Tony (Toni Servillo) è un cantante in disgrazia. Del suo glorioso passato di successi e fama resta solo l’arroganza, la cocaina e qualche concertino in piazza. Anche il suo omonimo Antonio (Andrea Renzi) ha conosciuto il successo e la caduta. Ex calciatore di Seria A, ha visto la sua carriera interrompersi bruscamente dopo un infortunio al ginocchio. Ora cerca disperatamente un ingaggio come allenatore, ma la sua teoria de L’uomo in più (da cui il titolo del film) non sembra interessare a nessuno.

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Per quanto il film non presenti ancora le proverbiali incursioni in una dimensione onirica e anti-narrativa, Sorrentino realizza il suo primo grande affresco, in grado di arrivare all’anima dei personaggi, e insieme di una città. Quella città è la Napoli degli anni ’80, ritratta finalmente fuori dai cliché della commedia o del crimine.

Viaggiare è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco la sua forza.

Con questa citazioni di Cèline da Viaggio al termine della notte, Sorrentino descrive semplicemente il suo cinema. E in attesa di tornare (forse) a Napoli, gli auguriamo buon compleanno.

+1. The Young Pope / The New Pope (2017-2019)

The New Pope arriva nei cinema

Come numero 1 di questa classifica abbiamo scelto L’uomo in più, film d’esordio di Paolo Sorrentino, insieme alle 2 stagioni di The Young Pope / The New Pope. La prima serie realizzata da Sorrentino per Sky è infatti la serie più dissacrante, provocatoria e ardita mai prodotta nel nostro paese. Forse nessuno, a parte Sorrentino, avrebbe osato varcare le porte del Vaticano, offrendo un ritratto tanto impietoso, decadente e grottesco dei più alti prelati.

Nel corso della serie si avvicenderanno 3 papi. Il primo, Lenny Belardo (Jude Law) è insolitamente giovane e bello. Volubile e capriccioso come una vera e propria rockstar, sceglierà di negarsi agli occhi dei fedeli. Ma l’eco dei suoi miracoli ne farà comunque un Santo. Quando cade in coma, il cardinale Angelo Voiello (Silvio Orlando) intende riaffermare la sua leadership. Si tratta infatti dell’eminenza grigia del Vaticano: un uomo che non è mai stato papa, ma ha concretamente influenzato le loro azioni. Credendo di eleggere un innocuo burattino, Voiello indirizza i voti del concilio su Tommaso Vigiletti (Marcello Romolo). Ma Francesco II si rivelerà invece un’assoluta sorpresa, mentre la serie sembra offrire una parodia impietosa e blasfema dello stesso Papa Bergoglio.

Ma ecco che, dopo Pio XIII e Francesco II, arriva un nuovo papa: John Brennox, interpretato da uno straordinario John Malkovich. E se credevamo di aver già visto tutto, The New Pope rilancia ancora la posta. Nessuno aveva mai immaginato come papa un Lord inglese, o meglio un dandy oltremodo tormentato, con un oscuro passato da punk-rocker, che non ha mai superato la morte del fratello gemello.

Le puntate di The Young Pope e The New Pope non sono incredibilmente ardite sul piano concettuale e formale. E questa volta, Sorrentino centra il perfetto equilibrio di forma e contenuto. La macchina si insinua nelle stanze vaticane come un occhio indiscreto, mentre la serie si divide tra Roma, Venezia e l’Inghilterra, ritratte al colmo della loro melanconica bellezza. Ma non si tratta di sola ricerca estetizzante. L’utilizzo narrativo della colonna sonora, il grandangolo e i piani sequenza regalano sequenze memorabili. Ma oltre alle immagini, in quei dialoghi brevi, apparentemente casuali, si nascondono i più antichi interrogativi dell’uomo.

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