Montaggio cinematografico: breve storia e tecniche principali

Che cos'è il montaggio? Ecco a voi una breve guida sulla nascita di questa tecnica cinematografica e sulle sei tipologie di montaggio più diffuse

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Il montaggio o i montaggi? Tutti i tipi di tecniche

Eppure, nonostante si tenda a parlare di montaggio al singolare, sarebbe più opportuno parlare di tipologie di montaggio. Sebbene questa procedura di raccordo tra un’inquadratura e l’altra sembri, infatti, un’azione esclusivamente tecnica, nella realtà dei fatti non è così. Nel corso dell’evoluzione stessa del cinema, d’altronde, si sono a lungo sperimentate le proprietà del montaggio, portando alla nascita di diverse tipologie, dotate di propri significati. E questo è perfettamente comprensibile se si pensa che il montaggio è la chiave stessa per comprendere il senso di un film, che altrimenti apparirebbe come un insieme di scene apparentemente sconnesse. E, tra i diversi tipi di montaggio, vogliamo ricordarne i sei principali, esempi di straordinaria analisi dello specifico filmico.

Il montaggio narrativo o classico

Partiamo con una delle tipologie più basiche e tradizionali: il montaggio narrativo. In questa tecnica, l’unione delle diverse inquadrature, avviene sostanzialmente secondo criteri di logica e continuità. L’unione delle singole scene è volta alla creazione di un mondo immaginario, una dimensione spazio-temporale piuttosto lineare ma progressiva, in cui agiscono i personaggi e avvengono gli snodi narrativi. Ogni scena porterà diversi quesiti allo spettatore, in cui si risponderà nella scena successiva, portando così avanti la trama con una sorta di “naturalezza”. Questa tecnica, tipica del cinema delle origini, viene spesso ricordata con il nome di découpage classico.

Il montaggio alternato

Altro tipo di tecnica, anch’essa notevolmente diffusa, è invece quella che va sotto il nome di montaggio alternato. Una procedura che, come suggerisce il nome stesso, alterna scene nettamente distinte in una stessa sequenza. Con questa metodologia osserviamo, infatti, eventi differenti, che avvengono, tuttavia, nello stesso spazio temporale narrativo, convergendo poi talvolta nella medesima azione. Vi ricordate, ad esempio, quando, per qualche secondo, abbiamo creduto che i Cavalieri Neri stessero per pugnalare nel sonno Frodo e gli altri hobbit, ne Il Signore degli Anelli – La Compagnia dell’Anello? Ecco, quello scherzetto era un caso di montaggio alternato, una tecnica che, in realtà, avrete visto molte più volte di quante potete immaginare.

Il montaggio parallelo

Ed ecco che ci addentriamo sempre di più nel cuore di questa procedura, elemento del significato stesso di un film. È questo il caso del montaggio parallelo, nato per suggerire implicazioni ideologiche, che prescindono da un collegamento temporale tra le scene. Nelle sequenze che utilizzano questa tipologia di tecnica, le azioni, a differenza del montaggio alternato, non sono simultanee. Anzi, spesso sono nettamente contrapposte, ma vengono accostate per suggerire un significato più profondo, deducibile dallo spettatore.

Il montaggio ellittico

Il montaggio ellittico è uno degli espedienti cinematografici più diffusi tra i film di tutti i generi. Questa tecnica, dopotutto, consiste in una contrazione dei tempi della narrazione. In queste ellissi temporali alcune azioni vengono tralasciate o sintetizzate, rendendo tuttavia lo spettatore partecipe della situazione. Avete presente le tipiche scene di shopping pazzo e sfrenato, in cui vediamo il protagonista entrare e uscire dal camerino, presentandosi sempre con un look diverso? Ecco, quello è un esempio di montaggio ellittico, in cui, i vari minuti necessari per cambiarsi, vengono rapidamente omessi, lasciando tuttavia il pubblico consapevole di quanto è successo.

Il montaggio connotativo

Ed eccoci giunti ad una delle tecniche più significative ed emozionanti: il montaggio connotativo del magico Ėjzenštejn. Chiunque abbia studiato un minimo di storia del cinema avrà sicuramente sentito parlare di questo straordinario regista: il maestro del montaggio come vettore di significati. Ėjzenštejn iniziò, infatti, già nei primi decenni del Novecento, a lavorare sull’effetto Kulešov (dal nome del suo ideatore), la teoria che sottolineava come il messaggio nascesse attraverso l’accostamento di singole immagini (che prese singolarmente avevano diversa valenza, ma ordinate dall’autore veicolano un determinato tipo di significato). Classico esempio: bambina che piange, palloncino che vola. Che cosa ne deduciamo? Che la bambina sta piangendo dopo aver perso il palloncino. Ėjzenštejn potenziò al massimo questa tecnica (conosciuta anche come montaggio intellettuale), diventando, di fatto, il principale emblema e sperimentatore del genere.

Il montaggio discontinuo

Infine, un’ultima tipologia: il montaggio discontinuo. Come suggerisce il nome stesso, questa tecnica consiste nell’accostamento di scene apparentemente scollegate, che minano la continuità narrativa. Attraverso questo espediente cinematografico lo spettatore si trova, momentaneamente, straniato e di fatto si interrompe la finzione filmica. Questa tecnica prevede, ad esempio, la successione di inquadrature differenti, che propongono eventi, elementi o azioni non diegetiche, che esplicitano gli stacchi tecnici tra le varie scene.

I sei principali esempi di quella che è una tecnica fondamentale nel cinema di ogni genere, emblema stesso della sua creazione e dei molteplici significati che può assumere.

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