Cosa resterà degli anni ’10

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7. Il rap è davvero l’unica speranza?

Tra i generi che negli anni ’10 hanno conosciuto una maggiore crescita, c’è certamente il rap. In tutte le sue diverse versioni, questo tipo di musica ha conquistato definitivamente tutte le generazioni più giovani. Perchè? Perché è una musica che ne rispecchia la realtà, una realtà spesso nichilista, vuota di senso e riempita invece da violenza e disperata competizione.

Non si parla più solo di situazioni socialmente instabili, come quella di Compton, narrata a più riprese da Dr. Dre fino a Kendrick Lamar. Nell’era dei social, anche i rapper hanno cominciato ad indagare su sfumature più sottili, riguardanti la condizione di alienazione dell’individuo nel mondo di oggi.

Ecco quindi l’auto-celebrazione parossistica di Kanye West; l’escapismo minimale di Earl Sweatshirt; l’aggressiva fragilità sonora di Tyler, The Creator; e così via. In DAMN., del 2017, Kendrick Lamar ha diviso in diversi brani concettuali tutti i diversi aspetti della vita contemporanea, esplorandoli e vivisezionandoli uno alla volta.

Memorabile anche This Is America di Childish Gambino, critica semplice ma traumatizzante (specie nel relativo videoclip) ad un’America che ormai ha perso, e specie nell’era Trump, molti diritti ad essere considerata un grande paese.

Childish Gambino – This Is America, 2018

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A un livello più musicale, al di là di quello del contenuto, c’è da dire che il rap è stato il genere che più si è mostrato disposto al cambiamento e alla sperimentazione. Questo, si intende, tra i generi di largo consumo. Non è una novità, perché la storia del rap è sempre stata permeata di avventure e tentativi audaci, dagli A Tribe Called Quest agli Outkast, e da Dizzee Rascal a The Roots. Ecco che negli anni ’10 abbiamo quindi avuto realtà notevoli come quella dei Death Grips, trio iconoclasta e dissacrante a livello di produzione quanto di proposte liriche. Ci sono da citare poi: i Run the Jewels, dediti alla riscoperta del rap più “old school” ma allo stesso tempo aperti ad ogni tipo di influenza (come quelle jazz o industrial).

Importanti anche i BROCKHAMPTON, super-collettivo che, seppur guidato dal leader de-facto Kevin Abstract, accoglie e sviluppa le idee di tutti i membri in uno spirito quasi anni ’60. Ultimo, ma non ultimo, Frank Ocean, re del neo-soul lo-fi, legato ad un altro collettivo, Odd Future (del quale hanno fatto parte anche Tyler Okonma e Earl Sweatshirt) ma lucido nella sua volontà di re-invenzione di tutto un genere. Insomma, quello del rap è un universo variegato e in continua espansione, in musica e liriche; ben al di là del cliché del rapper con il berretto al contrario che grida “yo” nel 1999. Ecco perché quella del rap è certamente una direzione nella quale guardare, per capire dove sta andando la musica.

Death Grips – I’ve Seen Footage, 2012

8. In tutto questo, in Italia…

In Italia, come è accaduto spesso, tutto è cambiato per non cambiare niente. Le principali tendenze degli anni ’10 nel nostro paese si sono raccolte attorno al rap/trap e all’indie/itpop. La prima, derivante dalla rinnovata popolarità del rap italiano, esploso definitivamente nel mainstream con Applausi per Fibra di Fabri Fibra (2006), ha toccato sia apici impegnativi che fondi volutamente “ignoranti”: da una parte Salmo, dall’altra Sfera Ebbasta; da un lato Murubutu, dall’altro Young Signorino.

Il confine tra rap e trap è spesso stato definito, oltre che dal divario puramente “intellettuale”, anche dalla mediazione di contesti come il talent show X Factor e il Festival di Sanremo. Figure come quelle di J-Ax e Fedez hanno contribuito allo sdoganamento del rap anche presso le generazioni meno giovani, pure se la divisione marcata tra rap “finto” e “vero” rimane imprescindibile, come sempre avviene per le forme di arte italiane.

Un po’ lo stesso discorso vale per il cosiddetto “indie”, che a inizio decennio, prendendo le mosse da varianti più art rock (Le Luci della Centrale Elettrica, Baustelle, Marta Sui Tubi, Ex-Otago) sembrava costituire quella tanto attesa nuova speranza per una musica italiana moderna e consapevole. Speranza in gran parte vanificata dopo la metà del decennio.

In qualche modo è stato l’album Completamente Sold Out di Thegiornalisti a segnalare la perdizione dell’indie nell’itpop: molto meno “rock”, sicuramente non impegnato, il genere è stato (ed è tuttora) l’adeguamento della musica italiana pop più tradizionale ai suoni moderni (synth in primis). Un grande riflusso, che ha visto in copertina un artista come Calcutta, istintivamente simpatico e amato da tutti per la sua musica semplice e accattivante.

Calcutta – Pesto, 2018

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Caso a parte, e un po’ apice di tutte queste tendenze, è stato Fabio Rovazzi. Personaggio perfetto, showman, cantante, rapper, attore, conduttore: rassicurante, un po’ comico, un po’ umile, un po’ provocatore, Rovazzi ha costituito per certi versi il non-plus-ultra della musica italiana anni ’10.

Musica per le masse, raccolta in un bassissimo numero di singoli (cinque) di grande successo; collaborazioni, comparsate, rime audaci e riferimenti alla pop culture accuratamente pensati hanno completato il tutto. Rovazzi ha dimostrato come la musica italiana nello scorso decennio abbia contato soprattutto su appariscenza, progettazione e tratteggio. Il che, naturalmente, una volta capito, non impedisce di gustarsi comunque appieno queste musiche.

D’altra parte non sono mancate, naturalmente, delle realtà più impegnate, spesso ben tenute presenti dai musicofili più attenti: da Iosonouncane agli Eugenio in Via di Gioia, da La Rappresentante di Lista ai Fast Animals and Slow Kids, per culminare con il quasi idolatrato Niccolò Contessa e il suo progetto I Cani.

Tutti questi nomi hanno fatto da contrappunto alla musica italiana più “reazionaria”, proponendo una complessità e una ricercatezza che affonda concettualmente nell’alt rock anni ’90 e nel prog anni ’70, pur adagiandosi comunque su suoni contemporanei. Insomma: la musica italiana di qualità, per chi la sa cercare, resiste e si fa sentire eccome.

I Cani – Wes Anderson, 2012

Questo è più o meno tutto. Per parlare compiutamente di tutto quello che è successo nella musica degli anni ’10 servirebbero pagine e pagine di saggi dedicati. Per ora ci accontentiamo di questa panoramica, sperando di avervi chiarito le idee su tutto quello che è successo, e magari di avervi incuriositi o spinti ad aprirvi verso musiche nuove. Seguiteci, nel nuovo decennio come in quello passato, sempre sulla nostra pagina Facebook ufficiale, La Scimmia sente, la Scimmia fa.