5 film italiani da vedere assolutamente – Seconda Parte

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5 film italiani da vedere assolutamente

3) La classe operaia va in paradiso – Elio Petri (1971)

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Annientato sia nel corpo che nell’anima, l’uomo che appartiene alla classe operaia è destinato inevitabilmente a divenire un alienato, un servo che brama e che adora inconsapevolmente la sua stessa condizione.

Lulù, protagonista dell’opera, è un’essere incastrato in una routine soffocante e senza via di fuga; un’automa al servizio di coloro che odia, ma che serve rigorosamente per poter sopravvivere. La figura dell’operaio è quindi il fulcro dell’intera vicenda, una figura descritta come un’animale in gabbia e senza via di fuga, a cui spetta solamente la pazzia. Elio Petri con La classe operaia va in paradiso realizza uno dei capolavori più eccelsi del panorama italiano, capace di distruggere emotivamente lo spettatore per la violenza psicologica di alcune sequenze. Un film in grado di scavare all’interno della psiche del pubblico e di trascinarlo all’interno di una fabbrica, in una realtà quasi grottesca, ma estremamente reale. Lulù non è altro che l’uomo medio, colui che ha perso la possibilità di sognare e che rassegnato accetta una realtà opprimente e che non tollera, per pura convenienza.

Un recluso destinato a sopravvivere, più che a vivere. Non c’è alcuna speranza per l’operaio. Una figura portata a vivere in un dualismo contrastante nei confronti dei padroni, uomini che ogni giorno li sostentano e al tempo stesso li condannano. Elio Petri, abilissimo narratore e regista, decide di rafforzare maggiormente l’angoscia scaturita dalla sceneggiatura, attraverso inquadrature serrate e ravvicinate, che tolgono il respiro e che mettono in risalto i dettagli. Un ritmo praticamente perfetto, che amplifica ogni sensazione possibile ed inchioda lo spettatore alla sua poltrona. La classe operaia va in paradiso è un film che toglie il respiro e per cui la definizione capolavoro sembra quasi riduttiva.

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4) Salò o le 120 giornate di Sodoma -Pier Paolo Pasolini (1975)

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L’uomo è un’animale e tale resterà per sempre. Non servono a nulla la cultura, la ricchezza e tutti quei suppellettili di cui si circonda. La sua essenza primordiale rimarrà intatta, pronto a trascinarlo nei peggiori gironi danteschi. Pier Paolo Pasolini con questo suo ultimo film imbastisce una critica non solo al fascismo, ampiamente denigrato al suo interno, ma anche a tutte quelle classi benestanti che ogni giorno schiacciano quella operaia, per arricchirsi maggiormente. Un lavoro che, attraverso il sesso, è in grado di parlare di svariate tematiche sociali. Imbastendo un’opera suddivisa in tre parti, l’autore mette a nudo la depravazione e la cattiveria insite nella natura umana.

Una suddivisione infernale dell’opera dove i dannati non hanno colpa e i padroni, i veri aguzzini della storia, regnano sovrani impunemente. 

Un film grottesco in grado di disgustare il suo pubblico e di indurlo a riflettere sulla condizione umana e su quanto essa possa essere ipocrita. Non importano i soldi che una persona riesce a mettere da parte nella vita, la cultura che si riesce a costruire e la posizione sociale che raggiunge, niente di tutto questo cambierà la sua natura. Un’opera praticamente perfetta dal punto di vista tecnico, che gioca molto con le simmetrie degli immensi saloni in cui è ambientato e con i colori che si trovano in esso. Salò o le 120 giornate di Sodoma è una lavoro immenso, di rara bellezza. Un inferno oltremodo moderno ed abietto.

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5) La maschera del demonio – Mario Bava (1960)

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La maschera del demonio, oltre ad essere uno dei film horror più importanti dei suoi anni, è anche uno dei capolavori più importanti del cinema italiano. Un’opera che affronta il genere in maniera classica, affondando la propria essenza nel Romanticismo e nell’Espressionismo tedesco. Un lavoro che porta in scena un orrore ancestrale, nel modo più puro e trasparente possibile. Una pellicola che, nonostante i suoi sessant’anni di vita, riesce ancora ad essere incredibilmente moderna nella narrazione ed inquietante nelle atmosfere.

Mario Bava con questo suo lavoro traccia una linea netta nel mondo del cinema. Un solco indelebile al quale in molti si sono rifatti e che ancora oggi continua ad ispirare. Un capolavoro, figlio di un’arte totalmente artigianale che, attraverso specchi e miniature, dava vita a mondi e a castelli credibili e palpabili. Ne La maschera del demonio il male è reale, concreto e tangibile. Un pericolo consistente, che non si nasconde dietro a nessuna allegoria o qualsivoglia dubbio. Le streghe esistono e sono una minaccia da non sottovalutare, soprattutto quando sono marchiate da una maledizione. I peccati dei padri, ricadono sui propri figli ed è questa è forse la morale che si evince maggiormente nel capolavoro di Mario Bava. Un monito tanto temibile, quanto i mostri che lo ricordano.

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