Venom, Recensione del film con Tom Hardy targato Marvel – Sony

Tantissimo potenziale sprecato per seguire una logica aziendalista. Venom diverte ma i problemi si notano troppo.

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Esprimere un giudizio su Venom (stasera in tv 21:30 su Canale 8) è molto più complicato di quanto si possa pensare. Le aspettative erano state caricate al massimo per poi svanire tra le forti critiche uscite pochi giorni fa e la scelta di tagliare le scene più gore affinché il film non fosse soggetto ad eccessive restrizioni.

Insomma, si pensava al capolavoro durante la sua genesi, ci si è indignati poco prima della sua uscita. Giudizi privi di ogni forma di equilibrio, in altre parole. E probabilmente, questo film dividerà non poco. Sicuramente c’è da dire che Venom poteva essere meglio ma allo stesso tempo molto peggio. I toni scanzonati della Marvel permangono, scadendo un po’ troppo nel grottesco in alcune scene.

Il film si divide sostanzialmente in due parti, omogenee nella sua schizofrenica messa in scena. Si inizia con un narcisista Eddie Brock, Tom Hardy all’anagrafe, che incarna in pieno il concetto di “persona arrivista“.

La sua vita viene totalmente stravolta in negativo quando ruba dei documenti alla sua compagna per tentare un fallimentare scoop del secolo contro la Life, una società guidata da un bizzarro pseudo filantropo dagli scopi più che rivedibili.

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Non è un caso che il villain principale sarà proprio lui, o forse meglio dire loro. Dopo un parapiglia infinito nei laboratori segreti, dove il regista Fleischer dà sfoggio di un’ottima tecnica per ciò che concerne la tensione, Venom si impossessa di Eddie Brock. E si dà il via alle danze.

Venom

La figura di Venom ha un enorme potenziale, soprattutto andando a considerare ciò che realmente incarna il simbionte. Venom altro non è che l’Es, la parte irrazionale ed istintiva nonché distruttiva insita in ognuno di noi.

E in particolare in Peter Parker. Senza scendere nel particolare fumettistico o sul terzo film di marca Raimi, in questo Venom viene raccontato lo scontro tra due personalità profondamente incompatibili perché uguali.

Il narcisista Brock contro colui che gioca a fare Dio, spinto da un ego infinito e che risponde al nome di Carlton Drake (Riz Ahmed). Si scontrano inevitabilmente perché l’uno deve portare a compimento totale il suo sentirsi superiore rispetto a ciò che lo circonda. Lo studio dietro il soggetto era sì aiutato dalla scrittura del personaggio principale ma lo sviluppo complessivo è decisamente poco encomiabile.

Oltre al “cosa” c’è però un “come” che si rende fondamentale per la buona riuscita di un film. E qui forse subentrano i veri problemi.

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Al netto di una CGI rivedibile, come già anticipata dai vari trailer e clip, Venom si lascia sopraffare da una velocità di esecuzione alla massima potenza e soprattutto da un tripudio di cliché che rendono tutto molto prevedibile.

Si fa troppa leva sugli stereotipi, i quali vengono bilanciati goffamente da alcune sequenze ben orchestrate, come quella girata dentro al laboratorio poco prima dell’incontro ravvicinato tra Brock e Venom.

Le gag persistenti rendono tutto molto grottesco, in particolare quando vengono affiancante alle scene action. La differenza con i film targati Marvel però c’è. L’aura oscura di Venom permane nonostante tutto con quella sua voglia di morte e distruzione perenne, sebbene alcuni momenti che non riveliamo.

Una vera pecca però è legata ai tagli delle scene (potenzialmente) più inquietanti e la totale assenza di sangue. Forse quelle che Tom Hardy preferiva.

Volano teste ma non escono fluidi. Scelte aziendaliste più o meno condivisibili ma che senz’altro tolgono qualcosa a Venom. Un film che viaggia sulla sufficienza ma che forse poteva e doveva essere di più.