Videodrome – Analisi interpretativa

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  1. Max Renn è un comproprietario di una rete Tv via cavo, la Civic TV sul canale 83, emittente locale privata, palinsesto che tratta di erotismo, pornografia e violenza. Un suo cooperatore un giorno capta un segnale – Videodrome – che trasmette degli snuff movie in presa diretta: una donna torturata ed uccisa da uomini incappucciati. Consapevole delle esigenze di un pubblico sempre più avido e smodato vede in questi spettacoli live un potenziale non trascurabile

“Cerchiamo l’eccitazione per l’eccitazione” confessa Renn durante un talk show di cui è ospite.

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Ed ecco qui l’exploit del potere fascinatorio dell’immagine sullo schermo, che entra e s’insinua prima dagli occhi per poi investire tutto il corpo dell’osservatore.

Cronenberg mette metaforicamente in scena l’avvelenamento che ha l’immagine televisiva di videodrome sul suo pubblico: un tumore al cervello che cresce provocando allucinazioni che portano al misconoscimento della realtà oggettiva ed altera la percezione dell’individuo affinchè questa risulti la realtà. L’impotenza di scindere tra reale e virtuale.

Max esponendosi al segnale ne diventa dipendente sia direttamente che transitivamente: diviene un automa, una pedina del sistema – un esatto facsimile dell’uomo contemporaneo, del cliente televisivo medio. Si assoggetta diventando il medium dell’emittente, un videoregistratore in “carne ed ossa” che prende ordini tramite registrazioni in VHS.

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Prendiamo in analisi La Spectacular Optical fondata da O’Blivion, fondatore e martire dell’emittente Videodrome. O’Blivion etimologicamente parlando non è che il significante intrinseco dell’allegoria cardine della pellicola cronenberghiana: l’oblio, l’abbandono della coscienza. L’illusione di avere la facoltà di essere arbitri della propria volontà. Quasi banale far poi riferimento all’eloquente fisionomia del logo della Spectacular Optical con il simbolo esoterico associato alla Massoneria.

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Ovvio anche un accostamento teologico alla figura di Videodrome che si presenta come un’idea che prende forma, che prende corpo. Una scatola televisiva che manovra le attese e le consapevolezze: che è mancanza e compensatrice, che demoralizza ma consola. Una vera e propria figura astrale ed eterea. Come prescindere tra l’altro dalla simil preghiera che percorre l’intera pellicola:

“Television is reality and Reality is less than television”

Cronenberg si piega ad una narrazione pregna di una certa retorica che diventa immediatamente Manifesto: si fa teorico e precursore di un periodo caratterizzato dall’egemonia globale dell’immagine elettronica. Videodrome è lo specchio ermeneutico dell’epoca postmoderna e contemporanea del consumo visuale, frutto delle applicazione teoriche ispirate probabilmente al sociologo Marshall McLuhan: “La fotografia ed il cinema conferiscono una specie d’immortalità, una preminenza alle immagini e non alla vita reale”.

Videodrome è l’emblema della poetica e quindi del body-horror cronenberghiano. Il medium televisivo si fa volontà di potenza, superuomo: si veste della carne e si fa fautore di un ibrido perfettamente incline all’uomo-macchina, vessillo imprescindibile dello stile cinematografico di Cronenberg.

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Dobbiamo far caso anche alle tracce simboliche in riferimento a quanto detto: la doppia valenza liminare del ventre di Max Renn che assume la forma dell’organo riproduttore femminile e di soglia reale/videodrome: il nastro vhs infatti si fa allegoria del liquido seminale che a sua volta è metafora della mietitura dell’immagine elettronica sulla società contemporanea.

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Cronenberg si serve nuovamente di un metalinguaggio teologale: non mostra l’esito del gesto estremo di Max, che si immola per la cancellazione del sistema. Simbolicamente potrebbe riferirsi al sacrificio, che accettato volontariamente, può superare la sopraffazione e porre le condizioni affinchè la nostra vita abbia significato per gli altri. S’inoltra quindi in una situazione illusoria tra ritorno all’origine, prolungamento dell’essere o mutazione genetica:

 “Death to Videodrome, long live the New Flesh”

(“Morte a videodrome, gloria e vita alla Nuova Carne”)

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