Captain Marvel ribalta i ruoli a suon di esplosivi fotoni: e vince la scommessa

A qualche settimana dall'uscita di Avengers: Endgame, eccoci introdotto Captain Marvel, uno dei personaggi più attesi del mondo Marvel.

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Chi è Captain Marvel? Una domanda che attanaglia tutti sin da subito in questo film a metà tra prequel e spin off dell’universo Avengers targato Marvel. Dopo gli Oscar di Black Panther e l’acclamato Avengers: Infinity War, ecco arrivare Brie Larson (premio Oscar per Room) ad indossare la tuta di un personaggio che, a detta di moltissime voci di corridoio, sarà fondamentale per due aspetti: il rilancio dei cinecomics e soprattutto la soluzione al letale schiocco di dita di Thanos. Ottimo espediente per smorzare la trepidante attesa che c’è dietro Avengers: Endgame. Film che vedrà una donna affiancarsi ad un’altra dei Vendicatori, Natasha Romanoff, la Vedova Nera, Scarlett Johansson. E proprio la questione femminile ha sollevato un notevole polverone che Captain Marvel riesce a far svanire nel nulla. Anche grazie ai pugni di fotoni. Ma andiamo con ordine.

Alla regia di Captain Marvel troviamo Anne Boden e Ryan Fleck, qui al loro quinto film insieme. Il cast, come sempre, è vario e variegato e oltre alla già citata e bravissima Brie Larson troviamo il solito Nick Fury (o Samuel L. Jackson, che dir si voglia) e Jude Law, nei panni di Yon-Rogg e di fidato amico di Captain Marvel/Carol Denvers. Proprio su questo doppio gioco di identità, Captain Marvel trova il suo vero punto di forza che porterà questo film perfettamente tripartito a sbrogliare una situazione complicata. C’è una guerra in atto, una guerra tra due mondi diversi: i Kree e gli Skrull. Quest’ultimi, alieni mutaforma, si trovano sulla Tera, inseguiti da una tenace Carol. Tutti e due vogliono arrivare ad un nucleo blu, chiamato Tesseratto (guarda caso). Gli Skrull, capitanati da Talos, per acquisire la velocità della luce, Carol per poter porre fine a questa guerra infinita.

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In questo contesto stereotipato all’inverosimile, si aggiunge però una storia parallela che riguarda Carol in prima persona. Lei non ha memoria, al di fuori di qualche reminiscenza sporadica che non riesce a spiegarsi in alcun modo: come può un’abitante del pianeta Kree come lei avere ricordi dell’aviazione americana?

Non risponderemo a questa domanda per alcuna ragione ma non tutto ciò che si vedrà, sarà così scontato. Carol viaggia quindi su due binari, uno per la salvezza della sua patria, uno per la scoperta della sua identità che arriverà grazie ad un ottimo plot twist e che ribalterà tutto. Ed è qui che si inserisce l’altra vera potenza del film. Perché se la prima è caratterizzata da un ottimo comparto visivo che gioca con sapienza sull’impatto, grazie a scene al limite della psichedelia (si legga alla voce Legion, serie firmata Marvel), subito dopo troviamo il sottotesto politico che rende Captain Marvel un buonissimo film.

Riassumendo in poche parole, Carol inizia un processo di identificazione che la porterà ad acquisire il controllo di una determinata forza e una consapevolezza di sé che avrà come diretta conseguenza una vera rinascita. Potere alle donne, dunque. Il gentil sesso decostruisce l’immaginario machista a suon di pugni ai fotoni e sistemerà quello che c’è da sistemare. Prendendosi un posto di rilievo nel mondo a lei circostante. E, ripetiamo, grazie all’acquisizione di una consapevolezza legata al suo essere donna. La Marvel sembra aver preso a cuore una delle questioni più spinose degli ultimi tempi, quella dei diritti civili. Delle richieste di pari trattamento e dignità di tutte le minoranze. E poco le importa delle polemiche scontate e presenti in una società dove si grida al “buonista” per ogni minima cosa.

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Troncando a metà il discorso politico, onde evitare il divagare (e dilagare) su altre discipline, Captain Marvel presenta una struttura classica del genere ma farcito di brillantissime idee, come quella di parodizzare lo smodato e morboso citazionismo che caratterizza furbescamente gran parte dell’audiovisivo in toto di questi tempi. E infatti, dagli anni ’80 pregni di cultura pop, ci si sposta di un decennio più avanti. Con la differenza che la nostalgia viene completamente azzerata, a tratti ribaltata. Ci sono piccoli richiami visivi come Blockbuster ed il cartonato di True Lies o ancora le maglie dei Nine Inch Nails e Guns ‘n’ Roses ma tutto ciò che concerne il mondo pratico e materiale viene mostrato obsoleto all’ennesima potenza. Internet a 56kb, computer lenti a caricare un file audio su CD. Lunga vita alla nuova tecnologia, in poche parole.

In questo senso, Captain Marvel ci mostra il progressivo capovolgimento del mondo e della sua visione, parlando del passato con un occhio più presente. Un microcosmo (o microgalassia) che si propone di essere il punto di riferimento (e di riflessione) di un universo più ampio. E soprattutto presente. Merita una menzione speciale l’azzeccata colonna sonora che oltre ai Garbage ed i No Doubt, permette ad una band fondamentale come i Nirvana uno spazio in una sequenza notevole sulle note di Come As You Are.